Lucio (2003)
Potrà anche essere casuale, ma quando Dalla sente di essere fedele al se stesso più classico, profuma di semplicità. Semplicità di un titolo che lo rappresenta in questo lavoro con la stessa forza di quei capolavori del passato, semplicità di un respiro sonoro, di un “arioso lirico” che attraversa molte di queste nuove canzoni e che si lascia contemplare con l’ammirazione che si porta alle intuizioni geniali. Il concetto Lucio lo ha affermato subito, in maniera sfacciata: il disco si apre ( e si chiude ) con “Amore disperato” cantato in duetto con Mina (oltre al brano “Per te” i soli punti di contatto con l’Opera “Tosca: Amore Disperato”), una composizione aperta e vibrante, un leit motiv che appare subito travolgente.
Tutto lascerebbe pensare che questa volta Lucio Dalla non abbia voluto farci correre in avanti, invitandoci a seguirlo nelle sue fughe di “cacciatore” di futuro, ma piuttosto che abbia desiderato intrattenerci con la purezza di tanti momenti intimi nati davanti ad un pianoforte. La qual cosa ci fa immensamente piacere, primo perché è vera, secondo perché comunque questo album era e resta modernissimo.
La modernità di Dalla, infatti, sta soprattutto nelle scelte: passione per Puccini? E per chi se non per il più moderno compositore tra ‘800 e ‘900, il più sensibile alle istanze delle avanguardie europee dell’epoca? E che dire della proposta di “Tu sa’ ch’i’ so”, testo amoroso del 1500 circa cantato da Lucio con trasporto, dedicato con tutta probabilità a Donna Vittoria Colonna nientemeno che da Michelangelo Buonarroti nelle inconsuete vesti di poeta e scrittore? Non c’è niente da fare, qualcosa di spiazzante ogni volta che abbiamo a che fare con Dalla dobbiamo sempre metterlo in conto.
Come in “Ambaraba’ Ciccì Cocco”, specie di microsceneggiatura di un immaginario film di amore e tradimento ambientato in una Napoli visionaria, o come in “Putipù” misterioso meccanismo irreversibile da installare in due, forse semplicemente il modo di chiamare una attrazione fatale. Di bellezza più immediatamente leggibile sono poi “Ho trovato una rosa”, versione italiana di un successo del cantautore dominicano Jean Luis Guerra, “Per sempre, presente”, e la lieve ( solo musicalmente, il testo è amarissimo) “Yesterday o Lady Jane”. A chiudere il circolo virtuoso di un Dalla quanto mai se stesso e all’apice della sua forma e creatività, una lunga versione jazz, rarefatta, quasi impressionista, di “Over the Rainbow”, l’immortale composizione di Harold Arlen tema del celebre film “Il mago di Oz”. Nel ruolo che fu di Judy Garland, il clarino di Lucio.
Pubblicato nel 2003