Angoli nel cielo (2009)
In “Angoli nel cielo” non c’è traccia del confortevole grembo della nostalgia, è qualcosa di più sottile, se vogliamo di più allegro. L’allegria che si prova quando si viene attraversati dal brivido di commozione che prelude ad un lampo di gioia. Perché è pura gioia ascoltare canzoni che ti riportano oggi, nella calma piatta delle idee, al fulgore creativo di “Futura”, “Anna e Marco”, “L’anno che verrà”, o di un “Balla balla ballerino”, tanto per continuare il gioco della citazione.
“Angoli nel cielo” è la sintesi di uno stato di grazia e di una serenità che gli consente di esplorare da altezze sempre maggiori gli orizzonti poetici di una maturità extra anagrafica, “work in progress” della sua stessa esistenza, insieme a quella adolescenza compositiva e musicale che qui ritrova in forma smagliante.
Dalla questa volta non è il “contrario di sé” come ci aveva detto solo due anni fa: sono tanti Dalla che corrono tutti nella stessa direzione e che prendono le tante diramazioni del pensiero che vivere la nostra epoca ci impone. Smagnetizza il dolore, prende a schiaffi l’orrore, balla con il cuore, spara alla maleducazione, si veste sempre di vita.
“Angoli nel cielo” rimane uno degli album più dalliani che siano mai stati realizzati. E con Lucio che si diverte come un matto con la sua band.
Ci parla di “nuvole piene di veleno” così come di “hamburger già scaduti anni fa” che mangiamo solo noi presunti “re della civiltà” ( “La lucciola” e “Broadway”), confessa il suo smarrimento al cospetto dell’infinito (“Vorrei sapere chi è che muove il mondo e perché” da “Vorrei sapere chi è”); in “Controvento” veste quasi i panni di un inconsueto maestro di vita (impara a conoscere i venti, ascoltali, ma conosciti, controllati, ricordati e “vai solo dove vuoi tu”, un solo vento “non sarà mai il tuo padrone”); in “Fiuto”, tragicomico “Attenti al Lupo” contemporaneo sull’ “affaire monnezza” napoletano, duetta con un Toni Servillo che curiosamente passa – in una sorta di non dichiarato riscatto – dalla parte della civiltà dopo la sua memorabile interpretazione in Gomorra nel ruolo del camorrista dall’aspetto irreprensibile che sul traffico di rifiuti appunto prosperava.
Pubblicato nel 2009